Non siamo mai riusciti a metterci d'accordo sull'adozione di un direttore "vero": forse per il numero esiguo di componenti che fin dall'inizio ha caratterizzato la nostra formazione, o più probabilmente perché ognuno di noi voleva lasciare qualcosa di sè nei brani che eseguivamo. Abbiamo quindi stabilito, quasi all'unanimità, di fare autogestione. I brani ce li dirigevamo da soli, un po' per uno. Ci piace variare, e dare impronte diverse alle esecuzioni: nessuno di noi è mai stato un direttore vero, ma credevamo fermamente che tanti “mezzi” facessero ben più di un “intero!”. Questo accadeva quando eravamo 'tanti'.
Quando ci siamo ridimensionati agli attuali sei, abbiamo messo sul tavolo una importante scommessa: cantare senza direttore.
All'inizio è stato difficile. Sia perchè chi, a turno, fino ad allora aveva guidato non riusciva a stare fermo. Sia perchè mantenere coordinata la compagine, pur limitata nel numero, richiede una attenzione del tutto particolare. Durante ogni esecuzione di un brano, non importa quanto lo si abbia studiato, le variabili sono tante. E' dunque assolutamente necessario sentire quello che fanno gli altri, cogliere di volta in volta le sfumature espressive, le variazioni nel tempo, nei volumi. Gli attacchi e le chiusure dipendono da impercettibili movimenti. Il respiro del vicino è per noi un prezioso metronomo.
Oggi crediamo fermamente che, per il nostro ensemble, nessun direttore valga ben più di un “intero!”.